“Pedro Ramirez cazzo, Pedro Alvarez Ramirez!”, grido a pieni polmoni con l’intento di coprire con la mia voce quella di Mick Jagger proveniente a un volume troppo alto dall’interno del locale. Per un attimo Olga mi guarda perplessa, quasi disorientata.
Poi all’improvviso i muscoli del suo volto si rilassano in una calda risata e dai suoi occhi cominciano a scendere piccole gocce salate che le rigano le tonde guanciotte diventate ora ancora più rosse.
Olga non è il mio tipo, oddio, l’aspetto esteriore non è sicuramente la prima cosa di lei che mi colpisce, ma la sua simpatia è di quelle che mettono istantaneamente a proprio agio chi ha la fortuna di sederle accanto.
Vediamo un po’, di quale altro aggettivo potrei servirmi per poterla raccontare?
Ecco, Olga è la classica ragazza per la quale la sua migliore amica userebbe per descriverla l’aggettivo “carina” tanto per intenderci, aggettivo che a noi uomini come è noto ha sempre suscitato terrore e scetticismo. Anche lei come me è qua in Brasile in vacanza solitaria a Florianopolis. Colombiana di origine, vive e lavora già da qualche anno ad Asunciòn in Paraguay, e la mia richiesta di un aiuto nel cercare di reperire un passaporto falso con il nome di Pedro Alvarez Ramirez da poter usare in caso d’emergenza apparentemente la diverte parecchio. Come darle torto d’altronde, di lavoro fa la veterinaria, e la mia richiesta alle sue orecchie sarà suonata un po’ come se a un’infermiera canadese avessi chiesto di rimediarmi un’ascia da taglialegna o a un oculista olandese un paio di zoccoli di legno.
Sta di fatto che la sua risata è talmente contagiosa da riunire in breve tempo attorno al tavolo altre facce sconosciute, amalgamando lentamente un gruppo un po’ impacciato e sfilacciato che sembra ora gravitare attorno a noi.
E poi dal nulla arriva Savannah, e il tempo per un istante si ferma.
“E io sarò Maria Gonzales Alvarez Ramirez, la sposa di Pedro” ribatte ancora ridendo rivolgendosi a Olga mentre si siede indifferente su una sedia un po’ defilata spostandola decisa al lato della mia.
Savannah è canadese ed è proprietaria indiscussa di una bellezza tutta sua. Non è quel genere di bellezza scontata che ti fa girare la testa per guardarla quando la incroci per la strada o con la quale costruiresti una bambolina da vendere su grossa scala; la sua bellezza gioca un altro campionato. La sua è una bellezza lenta, paziente, di quelle che scopri piano piano, un po’ come un tramonto all’alba.
Diciamo che Savannah è bella di quella bellezza che va trattata come una cosa importante tanto per capirci. E io ne rimango subito colpito.
Ordino da bere per tutti al cameriere dai lineamenti indigeni, avido di un qualsiasi liquido che mi aiuti a digerire quella strana sensazione che sento nello stomaco e inspiegabilmente mi fa seccar la gola. Il tempo intanto scorre veloce, guardando impietoso ore diventare minuti, accompagnando una serata all’improvviso già speciale.
Senza volerlo lentamente le mie battute diventano mirate ed esclusive, gli sguardi solo per lei, i drink con due cannucce sole.
Ridiamo in mezzo a tutti come fossimo in disparte, costruendo complici una fantomatica storia tra i nostri due alter ego Pedro e Maria che ormai sposi decidono di slancio di lanciarsi in un’avventura che ha dell’incredibile: il giro attorno al mondo in sella a una motocicletta.
Savannah dice sempre sì. Lei vive di slancio, di emozioni estreme, di presente ora e subito. Ha voglia di conoscere, di sapere, di spaccare le situazioni, esserci. Non è comparsa, Savannah è decisamente protagonista. Dice sempre si a tutto ciò che le propongo, curiosa e vitale, lasciandosi trasportare solo dall’istinto e da quel pizzico di follia che non sa di possedere.
Di punto in bianco mi ci butto, e con scafata disinvoltura le chiedo se ha voglia l’indomani di affittare una moto e perderci in giro per il sud del Brasile come due vagabondi, attraverso quelle montagne e cascate che distrattamente avevo visto sfogliando una guida aperta appoggiata sul bancone della reception nell’ostello. Così, come test di compatibilità per vedere se passando veramente alcuni giorni insieme in sella alla moto scopriamo veramente che ci piace, le dico quasi a voler giustificare il mio inaspettato slancio. Ride, forse prendendo tempo, ma poi mi dice nuovamente sì.
Lei ancora non lo sa, ma dentro di me ho già la netta sensazione che, prima o poi, sarà inevitabilmente mia.
L’indomani Savannah ha la febbre. Passiamo la giornata ciondolando distrattamente sulla veranda dell’ostello dove è alloggiata a Barra da Lagoa, una spiaggetta sulla costa est dell’isola di Florianopolis, bevendo birra e scambiandoci aneddoti e racconti con tutti i personaggi della nostra nuova compagnia.
Nel pomeriggio decido addirittura di lasciare il mio amato ostello tanto è il desiderio di continuare a vivere questo momento magico insieme a Savannah, Olga, Andrè, Cristina, Murillo e tutti gli altri componenti di questo strano gruppo ormai consolidato formatosi per caso dal volere del destino.
Il caldo sulla fronte di Savannah intanto non accenna ad addolcirsi e cosi, quando poco dopo il tramonto decide di ritirarsi in stanza da letto a riposare, io approfitto della moto nel frattempo già affittata, per prendere un po’ d’aria e rimettere un po’ d’ordine nei miei pensieri.

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