Bahia, terra di festa, di estremi e di infinite contraddizioni che trovano dimora in questa parte di mondo convivendo al ritmo incessante dei colorati tamburi africani. Terra nella quale i pronipoti degli schiavi strappati all’Africa per lavorare nei campi di cacao ancora riescono a mantenere le loro tradizioni, terra di bianco e di nero, di gioia e di pianti, di ricchezza e di infinita povertà.
Amo questa terra e la odio. La amo nelle sembianze di quella signora di ottant’anni che uscita dal supermercato con le borse della spesa in mano, le posa a terra e incomincia a ballare una samba assordante proveniente dallo stereo della macchina ferma al semaforo; la odio quando la ragazza con la quale ho preso accordi per preparare le colazioni in pousada si presenta senza avvisare con 72 ore di ritardo. La amo perché l’arte nella sua essenza più vera e completa si respira e si canta nell’aria, la odio perché a volte è troppo violenta. La amo perché è ormai un po’ casa mia e la odio perché non riesco a odiarla più, anche se forse, è proprio per questo che la amo.
Arriviamo all’aeroporto di Salvador a notte fonda, e, come al solito, ci affittiamo una basica Fiat Uno con la quale ci dirigiamo alla ricerca di una di quelle bellissime invenzioni che sono i motel, per passare la notte. Vado matto per i motel qua in Brasile, ogni occasione è per me buona per scoprirne uno differente.
Arrivo sempre davanti al cabinotto della reception con lo sguardo del cannibale davanti alla macelleria e, sotto lo sguardo spazientito della receptionist, curiosamente valuto sulla tabella prezzi le differenti opzioni offerte nello specifico sulle diverse ambientazioni delle camere e degli optional a disposizione. Immancabilmente la mia scelta si dirige quasi sempre su quelle provviste di vasca idromassaggio, scartando invece solitamente quelle con la sedia erotica, o quelle troppo care per il nostro budget giornaliero provviste di piscina interna.
Oggi andiamo sul sicuro e scegliamo l’Hollywood, giusta miscela già sperimentata tra qualità e prezzo. È tardi e siamo stanchi.
In TV danno un interessantissimo documentario sull’accoppiamento tra razze differenti. I protagonisti sono una sensualissima ragazza orientale, presumibilmente thailandese, una prosperosa bionda germanica, una bellissima inglese di colore e, udite udite, il nostro orgoglio nazionale, portabandiera della passionalità italiana nel mondo, niente di meno che il grandissimo e leggendario Rocco Siffredi. “Daì Rocco” lo incito in un improvviso impeto patriota, “tieni alta la nostra bandiera, da fiato alla tromba, anzi, risparmiati il fiato. Tromba”.

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