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Capitolo 16: Il Mezzo Bicchiere

  • Writer: Savannah Zamagni
    Savannah Zamagni
  • Apr 17, 2018
  • 2 min read

Oggi mi sento anziano. La gola è secca, gli occhi gonfi e arrossati, i muscoli indolenziti. Mi alzo a stento dal letto e, rigido come un armadio, m’incammino a piccoli passi in direzione del bagno.

Involontariamente lo sguardo mi cade sullo specchio.

L’immagine riflessa è deprimente. Un pallido signore anziano con le rughe, i pestoni e delle piccole vene viola che colorano i suoi occhi, arranca nel disperato tentativo di aprire un tubetto di dentifricio ormai quasi terminato. Non è un bello spettacolo.

Anche i miei capelli oggi non sono molto molto biondi come mi vuol far credere Savannah; oggi sono inequivocabilmente bianchi. “E pensare che per un po’ ci avevo quasi creduto”, rifletto sconsolato lavandomi la faccia.

“Ma vada a cagare” dico educato e rispettoso al signore dello specchio con un rantolo di voce soffocato.

Faccio colazione con due tachipirine e una lucky strike nel disperato tentativo di far scendere di qualche linea la febbre percepita nelle ossa. Poi svogliatamente mi vesto e incomincio a preparare i bagagli. Ma quando infine anche la cerniera della borsa serbatoio mi rimane fra le dita, mi arrendo sconfitto all’inevitabile destino. I segnali sono ormai evidenti: oggi sono il re Mida della merda.

In strada il paesaggio attorno a noi è degno della scenografia di un film di terza categoria e fa caldo. Mille chilometri di noiosissimo Chaco, regione a nord est dell’Argentina, ci separano da quella che ormai sembra più un miraggio che una meta: Salta “la linda”.

Guido con il coltello fra i denti cercando di non pensare a nulla che il mio pessimo umore da re Mida della merda possa in qualche modo trasformare in materia organica, e stoicamente maciniamo chilometri di pessimi ricordi intervallati da stazioni di benzina.

Anche Savannah arranca. Il vento caldo nella faccia ruba il respiro, e perfino le sigarette accese più per scadenzare questi spazi anonimi che non per effettiva voglia di fumare danno poca soddisfazione.

Oggi come non mai mi chiedo il significato di tutto questo.

Non solo non vengo pagato per soffrire fino a questo punto, ma sto pure spendendo tutti i risparmi faticosamente guadagnati di una vita in questo viaggio all’apparenza interminabile.

Una piccola lacrima di frustrazione evapora nell’aria accompagnata dalle stonate bestemmie seminate irregolari all’utopica ricerca di una risposta oggi inesistente. Oggi il bicchiere è a tutti gli effetti mezzo vuoto.

Il cambio di rotta lo avverto solo all’imbrunire del giorno successivo, quando il contachilometri di Yellow mi avverte che il peggio è passato, e una ricca vegetazione all’improvviso, come per vendetta e rivalsa nei confronti del vicino di casa, il signor nulla, spunta fuori con prepotenza da ogni dove colorando di verde le timide montagne ora piacevoli ornamenti del nostro orizzonte.

Ma non basta, mi sento ancora come il buco nero di un dente mancante nel sorriso di una modella. Decisamente fuori posto.

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