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Capitolo 29: Gli Occhiali

Writer: Savannah ZamagniSavannah Zamagni

A Boulder ci arriviamo stanchi, distrutti dall’ennesimo viaggio in balia di pioggia, sole, caldo e nuovamente freddo. Non ho voglia della tenda cazzo, dopo dieci ore di moto proprio non me lo merito.

L’unica cosa di cui avrei realmente bisogno, è quella di spogliarmi nudo e buttarmi sotto una bella doccia calda per poi rotolarmi su un bel materasso morbido e ciondolare inoperoso fino alla noia.

Ma purtroppo non ce lo possiamo permettere. Dei cento dollari a disposizione per la giornata, dopo averne buttati quaranta nel serbatoio e altri quindici tra colazione e sigarette, ne sono rimasti solo altri quarantacinque, il necessario per cenare e montare la tenda in qualche posto isolato aspettando il sorgere del sole di domani. Il pranzo ormai non è neanche più contemplato.

D’un tratto però, passando davanti a un enorme complesso squadrato e illuminato da migliaia di luci intermittenti, sono folgorato dall’ennesima illuminazione. “Siamo o non siamo nella terra del gambling?”, chiedo a Savannah parcheggiando la moto accanto al portone sovrastato dalla scritta a caratteri cubitali “CASINO”.

“O tutto o niente”, le dico spingendola risoluto in direzione della roulette situata in fondo al locale accanto alle macchinette del video poker. “Facciamo solo una puntata”, continuo ormai pervaso dall’eccitazione febbrile per la speranza di poter vincere la camera per la notte.

“Cinque dollari sulla data del mio compleanno, cinque sulla tua, e trentacinque dollari rimanenti decisi a raddoppiare sul nero”.

Ci accomodiamo silenziosi accanto a una strana coppia seduta davanti al grande tavolo verde della roulette, guardando invidiosi la loro gigantesca piramide di fiches quadrate in madreperla fare ombra al nostro piccolo gruzzoletto di gettoni tondi e gialli.

Già da una prima occhiata mi sembrano una coppia male assortita.

Lui è brutto da distogliere lo sguardo, con una faccia da seminarista piena di foruncoli seccati sulle guance e gli occhiali dalle lenti spessissime che gli ingigantiscono grottescamente le iridi.

Lei al contrario è bellissima, ha lineamenti tipicamente indiani e indossa un vestitino aderente che a fatica riesce a contenere il debordare del suo seno.

Guardiamo la pallina girare parallela al bordo della roulette, danzando spasmodicamente sui trentasei numeri che ne completano il circuito, tenendoci per mano, come fossero 10.000 i dollari coraggiosamente puntati speranzosi sul destino della notte che sta per arrivare.

Ma poi subito ci sgonfiamo.

Verde. È verde la casella del numero sul quale la maledetta pallina decide dopo un breve tentennio di prendere dimora. Zero verde, esattamente come le nostre tasche in questo momento.



 
 
 

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