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Capitolo 35: Australia

Writer: Savannah ZamagniSavannah Zamagni

Voci metalliche provenienti da invisibili altoparlanti torturano le mie orecchie con nomi di destinazioni atipiche e informazioni inutili, mischiandosi prepotentemente con quel fischio assordante che mi accompagna da ore ma che ormai ho imparato a non sentire. Luci al neon illuminano le ombre sulle facce anonime di coloro che mi hanno tenuto compagnia nelle ultime ventotto ore sull’interminabile rotta aerea Milano-Sydney.

Deambulo alla ricerca di un punto fermo al quale potermi attaccare per provare a me stesso di essere ancora reale, vivo, presente, aggrappandomi disperato all’unico maledetto desiderio che per tutto il tragitto mi ha privato stupidamente del sonno e che finalmente solo un ragazzo con la pelle talmente bianca da sembrare lucida, in uniforme e armato di timbro, mi può negare. Dietro quella porta ritmica segnaposto limite dell’ennesimo confine da attraversare ci troverò nuovamente il sorriso spensierato di Massi e, solo un’ora più tardi, l’abbraccio caldo di Savannah.

Sì, l’abbraccio di Savannah, è un mese che non ci vediamo. A Vancouver oltre a salutare in rapida successione Yellow, Jos e Regina, sono costretto a salutare pure Savannah. Il piano per il quale decidiamo di separarci per l’intero mese nel quale Yellow attraverserà il Pacifico, è quello di cercare entrambi di ottenere, nei rispettivi Paesi, il visto per poter entrare in Pakistan, unico vero Stato nel quale temo di non riuscire a rimediare il difficile lasciapassare sulla strada del ritorno.

Infelicemente il piano va in porto solo per metà, quella di Savannah.

Per lei risulta grosso modo abbastanza facile farsi stampare il passaporto con il timbro pakistano; evidentemente le procedure da quelle parti sono estremamente più snelle delle nostre. Per quel che riguarda me invece, nonostante provi in tutti i modi al consolato pakistano di Milano a perorare la mia causa, ciò che stringo nelle mani al mio ritorno verso casa è solo un triste due di picche.

Due su uno. Per il momento mi accontento, poi si vedrà.

E Massi? Cosa dire di Massi, è sempre lui, il solito folletto, colui che solo in questo viaggio abbiamo incontrato prima a Buenos Aires e poi in Brasile, colui che quando ci vediamo diventa tutto più leggero, colui che senza abusare del termine, nei miei sentimenti più sinceri considero il mio fratellino. I nostri destini viaggiano a distanze abissali, eppure si toccano recidivi come attratti da una forza inspiegabile a intervalli regolari, ripetuti, in ogni angolo del mondo.


 
 
 

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