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Capitolo 40: Navigando sulla Luna

Writer: Savannah ZamagniSavannah Zamagni

Finite le vacanze da turisti sull’isola di Bali sbarchiamo a Java finalmente riposati, consci nuovamente dell’obbligo di dover mettere un po’ di strada alle nostre spalle per avvicinarci alla meta dell’inizio di quel nuovo viaggio verso al quale stiamo andando incontro, quello con la fede al dito. La prima fermata, obiettivo scelto seguendo i consigli dei ragazzi conosciuti nella fresca piscina di Kuta, è indubbiamente il vulcano Bromo.

“Il vulcano Bromo a est di Java è un cono attivo all’interno della gigantesca catena Tengger Semeru, una delle mete più visitate dell’Indonesia. Questo luogo è famoso fra viaggiatori e fotografi per possedere una delle viste panoramiche più suggestive dell’intera isola. All’alba poi, con quella leggera nebbiolina dalla quale spuntano le vette dei vulcani vicini, lo spettacolo è imperdibile. Se non siete mai stati sulla luna questo è il luogo ideale per farsi un’idea sul paesaggio che ci trovereste”.

Leggo questo piccolo trafiletto su un opuscolo appoggiato al bancone della reception nell’albergo dove alloggiamo a Cemoro Lawang, minuscolo agglomerato di case a circa tre chilometri dal cratere del vulcano.

“Boh, l’avrà scritto Neil Armstrong”, penso tra me e me sorseggiando un te caldo davanti alla finestra ammirando la vallata, “che io sappia non sono ancora in tanti a essere sbarcati sulla luna”.

La sveglia è comunque puntata per le sei di domani mattina. L’avere il nostro mezzo a disposizione d’altronde ci eleva al rango di privilegiati rispetto a coloro che arriveranno al cratere camminando con un’ora in meno di riposo svegliandosi alle cinque.

All’ora prestabilita il giorno seguente siamo quindi ai bordi del famoso “mare di sabbia”, gigantesca distesa di sabbia vulcanica all’interno di quello che deve essere stato in passato il cratere del vulcano.

Sullo sfondo, attraverso quella nebbiolina di cui parlava l’opuscolo di Armstrong, intravedo un tempio situato proprio alle pendici di un cono dal quale fuoriesce del gran fumo. “Quello deve essere per forza il punto verso il quale ci dobbiamo dirigere”, dico a Savannah puntando il dito in quella direzione. Mi chiedo pensieroso se con Yellow riusciremo a navigare in questo mare.

Poi rompiamo gli indugi e spieghiamo le vele immergendoci spavaldi nella nebbia.

Il paesaggio è davvero surreale. La guida è forzatamente titubante e poco lineare, non è facile rimanere in equilibrio su una sabbia così fine e con una visibilità così precaria.

Nonostante questo guidiamo instabili dolcemente sulla luna, assecondando remissivi traiettorie improvvisate volute dal terreno, e rallentando solo quando l’odore pungente dello zolfo esalato dal comignolo davanti a noi ci avverte essere prossimi alla meta.

Lasciamo Yellow alla base del cono e facciamo il nostro breve trekking sulla scalinata che ci porta sulla cima.

La vista goduta all’alba dalla vetta è uno dei ricordi più potenti dell’intero viaggio sull’isola di Java. Che dire, se fossi stato un buon fotografo, avrei fatto delle belle foto.

Sulla strada del ritorno incrociamo due Moto BMW targate Germania viaggiare in senso opposto. Ci guardiamo da lontano, curiosi, indecisi se prenderci il rischio di frenare e poi magari non riuscire a ripartire, oppure rimandare l’incontro alla prossima occasione.

Tentenniamo per un attimo di troppo, poi è già tardi per fermarsi.



 
 
 

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