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Capitolo 46: La Cara e Vecchia Freak Street

Writer: Savannah ZamagniSavannah Zamagni

A Kathmandù conosco finalmente un vero anarchico. Mi sono sempre chiesto se esistessero davvero oppure fossero solo un’utopica leggenda metropolitana. Eppure il ragazzo sdraiato sul letto in questa decadente camera dalle pareti scrostate al quinto piano di un ostello di freak street è la quinta essenza dell’anarchia pura, quella senza compromessi, quella con la A maiuscola rinchiusa dentro a un cerchio rosso tanto per capirci.

Noi non alloggiamo a Freak street, il nostro ostello risiede esattamente dalla parte opposta della bellissima Durbar square, in un quartiere ora più popolare per coloro che viaggiano zaino in spalla. A Freak street ci passiamo esclusivamente per nostalgia, accompagnati da un giovane simpatico ragazzetto incontrato per la strada e con il quale ci divertiamo a scambiare quattro chiacchiere passeggiando per il centro.

Io a freak Street ci alloggiai tanti anni fa, in un’altra epoca, un’epoca nella quale la via era il principale punto di incontro di tutti gli “sballoni” attirati in questi stretti vicoli dal profumo mielato e pungente del charas respirato nell’aria. Ora quell’epoca non esiste più, o meglio, forse già ai miei tempi non esisteva più, quella che è rimasta ora è solo una sbiadita copia di quella cultura ereditata dagli anni sessanta tenuta in piedi esclusivamente dalla nostalgia.

Il ragazzino ci invita a seguirlo attraverso un portone scalcinato nell’androne di un palazzo dall’aria di aver vissuto sicuramente tempi migliori, dove in seguito a cinque rampe ripidissime di scale, ci troviamo al cospetto di una porta in legno tutta pitturata. Senza indugi il nostro nuovo amico colpisce ritmicamente la porta con una specie di bussata in codice, e dopo un paio di secondi qualcuno dall’interno viene ad accoglierci.

La stanza in cui entriamo non è grande, giusto lo spazio per due letti, un comodino, e un armadio ad angolo senza ante.

Ci accomodiamo su un pavimento di moquette marrone martoriata di buchi e bruciature di sigaretta, appoggiando la schiena a una parete tappezzata di firme, slogan, disegni di cattivo gusto, e strappi di carta da parati decorata con motivi psicadelici, involontaria testimonianza quest’ultima del passaggio attraverso l’epoca di cui parlavo prima.

Sul letto in fondo alla camera sulla destra sono seduti due ragazzi israeliani intenti a ripulire minuziosamente il loro chiloom con un lungo saffi di seta colorato tutto sfilacciato, accanto a loro, sdraiato comodamente sul letto di sinistra, c’è colui che d’ora in poi battezzerò l’anarchico, mentre ai suoi piedi, appoggiati a due zaini dai quali spuntano strani attrezzi colorati, una coppia di simpatici ragazzi libanesi.

Tutti sono intenti a rollare canne in continuazione, presi dalla foga di una discussione politica su temi alquanto delicati. D’altronde non poteva essere altrimenti, rinchiusi fra le mura di una piccola stanzetta buia sono presenti due ebrei, due mussulmani, due cristiani, un buddista e un anarchico.



 
 
 

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