Come spesso succede quando al risveglio si prospetta una giornata lunga e impegnativa, questa mattina proprio non riesco a tirarmi fuori da sotto le coperte. Mi aggrappo disperatamente al corpo di Savannah in cerca di calore umano, di una spinta, di una qualsiasi motivazione che mi possa dare la forza necessaria per poter affrontare la fredda e interminabile giornata che ci aspetta. Nonostante questo astuto diversivo non riesco a non pensare al fatto che da oggi e per i prossimi dieci giorni di cammino saremo costretti a dare definitivamente addio all’asfalto.
Poi Savannah confermando i miei cattivi presagi sulla giornata, rimuove disinvolta le mie mani dal suo culo per alzarsi e andare in bagno, e io ho il netto presentimento che la giornata di oggi sarà ancora più dura del previsto.
Sono molto fatalista riguardo al primo segnale ricevuto la mattina per valutare poi la piega che prenderà in seguito la giornata. Ricordo che a scuola potevo stabilire anticipatamente l’esito di un’interrogazione basandomi sul semaforo di via Lucio Lando; se quest’ultimo era verde mi presentavo a scuola senza timori affrontando spavaldo l’interrogazione a testa alta, se era rosso di solito aspettavo Busta al bar all’angolo e si faceva “puffi” insieme andando poi a fumare al parco.
Tuttora prendo decisioni e chiedo conferme sulle mie scelte ai semafori. “Sono strano?!”, mi domando sorseggiando un caffè amaro dal gusto di bruciato, giocherellando con lo spazzolino usato da cucchiaio. Ma poi ripenso al Brodo, altro amico di lunga data nonché compagno e complice di innumerevoli giornate tonde, il quale decideva saggiamente di continuare o troncare i suoi rapporti sentimentali in base all’esito del lancio di una monetina.
Un po’ mi rassereno. “In fondo in fondo se sto male, c’è davvero chi sta peggio” convengo con ritrovata serenità.

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